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Tempi liguri
Quali furono i primi abitanti di val del Lemme
Oltre a cinquecento anni avanti all'era volgare la nostra valle
d'Orba e del Lemme erano già abitate, così ci riferiscono
gli eruditi storici che di antiche cose si sono occupati. Fra i
primi abitatori di queste valli furono i Liguri i quali di Spagna
cacciati dai Celti ( ) vincitori finirono per occupare l'ampio tratto
che dal sommo dell'Appennino si stende sino al Po ( ). Questi popoli
si dividevano in Tribù fra queste eranvi le montane e le
valligiane; quelle abitavano le regioni del sommo Appennino, queste
le nostre avvallate pianure ed ameni altipiani. Fra queste Tribù
quella che merita di essere maggiormente segnata per eroismo e per
virtù cittadine e domestiche, è quella degli Staziellati
o Stazielli, che a noi riuscir deve la più prediletta perché
da essa discendiamo, perché fu essa che ridusse questo territorio
che oggidì chiamiamo Basaluzzo o a fertile coltivazione,
ed abitava presso a poco sulla stessa località dove ancora
sorge questo paese cioè in prossimità del confluente
dell'Orba col Lemme, là dove le due acque si sposano (Manzoni).
Le prime abitazioni
Sicuramente in quei tempi non esistevano ancora le case, ma non
vi è dubbio che i nostri luoghi in antico erano abitati come
adesso, colla differenza che siccome allora il vivere sociale non
era regolato come ai tempi nostri, vale a dire - che in allora non
esisteva - il medio ceto, perciò non esistevano case di secondo
e terz'ordine come quelle che adornano gli odierni Borghi, Paesi
e Villaggi, ma bensì gruppi di capanne, grotte, siccome gli
storici ci narrano. Ma qualche palazzo che poi prese il nome di
Bicocca Rocca, o di Castello ove abitava il capo dirigente del paese,
o il rappresentante del Capo tribù di quella data località
o villaggio di cui ne era la guida sociale, ivi abitava.
Notizie che si hanno degli Statielli
Gli scrittori Greci e Latini ci additano che in Val D'Orba vi abitavano
gli Sattielli o Stazielli la di cui capitale era Acqui-Staziella
e il centro delle loro forze lo tenevano a Caristo, che vuolsi che
fosse come poi vedremo l'attuale Castellazzo ( ). Di questa tribù
non ci restano né cronache né storia perché
tutto andò disperso nel balzo dei secoli, o dagli incendi
o dalle guerre o dall'ingiuria dei tempi. Ma sappiamo però
dagli scrittori Tito Livio - Veleio - Patercolo Florio ect. che
i nostri antecessori Stazielli ebbero secolari ed accanite lotte
sia coi Galli (i Francesi) sia coi Romani. I primi perché
per il soverchio crescere di popolazione ed attratti dalla dolcezza
dei nostri frutti, massime dal nuovo diletto del vino, che trovavano
in Italia, più volte scesero le Alpi e più volte pugnavano
contro i Liguri dimoranti nelle nostre valli ed altrove; i secondi
poi avevano una più alta missione quale si era di formare
dell'Italia una sola Repubblica la quale poi a suo tempo avesse
il primato sull'intero mondo in allora conosciuto; agognavano perciò
di assimilarsi questa razza di uomini strenui, coraggiosi, robusti,
sobrii e veloci.
Progressi dei liguri
Intanto questa Tribù man mano andava crescendo in prosperità
e progredendo nella scienza, nell'arte militare e nel vivere sociale,
come lo comportavano quei tempi semplici e rozzi. Se sul principio
s'accontentavano di capanne, antri, grotte, allora si posero a fabbricare
villaggi ed a fortificarli a seconda dell'uso di allora. Attorniavano
i paesi con un grande fosso, ponendo tutta la terra scavata dalla
parte verso il paese a forma di un terrapieno sopra del quale di
difendevano dai nemici con dardi, saette, fionde, giavellotti e
sassi, uniche armi in uso allora.
Alleanza coi Levi
Acennammo poc'anzi che la tribù degli Stazzielli progredì
anche in politica sociale, ed infatti i citati scrittori ci rammemorano
come questa Tribù fece lega offensiva e difensiva con quella,
pur ligure, detta dei Levi la quale abitava la zona di terreno che
giace tra Pavia e Piacenza. Corroborata da questa alleanza, suggerita
da comune necessità e da pari tendenza all'incivilimento
aumentarono i loro villaggi alla destra e sinistra sponda dell'Orba
e del Lemme, sui confluenti, come punti più temibili di essere
invasi dal nemico. Pensavano poi allo scambio dei prodotti fra di
loro alleati, in tal modo ebbero incremento, grandezza e potenza.
Per cui puonsi affermare che quel lembo di terra ove oggi sorge
il Comune di Basaluzzo fosse stata testimonia del progresso degli
Stazielli e che sino d'allora prestasse a loro soggiorno ed abitazione;
che quell'angolo la dove il vallone si erge il Castello il quale
sta quasi nel crocicchio delle due freccie di Val d'Orba e di Val
Lemme non abbia testimoniato allora tanti atti di eroismo ora contro
le Galliche invasioni or contro le Romane schiere. È pensier
vano però quello di voler trovare la data precisa della fondazione
di questo paese, mentre neppure di tante Città antiche non
ci è data di conoscerne la data precisa di fondazione; sia
per i dispersi documenti che erano destinati a ricordarcelo; sia
perché la loro edificazioni avvennero in tempi da noi sterminatamente
lontani. E ciò giova appunto a provare l'antichità
di Basaluzzo.
Virtù di cui andavano adorni i Liguri
Nei tempi delle primitive invasioni, sia Romane, che Galliche i
Liguri, si tennero in guardia ed in riserbo alla guisa di gente
furba e prudente che accorta va spiando e quasi misurando le forze
dei poderosi nemici che tentavano di assalirle. Furono ognora tenaci
di mantenere la loro libertà ed i proprii diritti difendendo
a palmo a palmo i loro villaggi. Tutti gli storici esteri e nazionali
( ) concordi lodano la loro tenacità di carattere, il loro
slancio per la difesa dei propri Lari. Così pur ammettono
tutti che furono adorni delle seguenti segnalate virtù. Pazienti
nel tollerare disagi e fatiche, stretti pel continuo esercizio,
sobrii ed obbedienti ai loro capi.
Loro costumi
Non usavano generalmente di agglomerarsi in Città od in
Grossi Borghi, ma amavano meglio cercarsi stanza in piccoli villaggi
situati o al confluente come sorge Basaluzzo, Silvano o sulla sponda
di un torrente, oppure in luoghi elevati e di facile difesa, il
che ci fa palese l'ubiquità stessa dei nostri paesi, delle
nostre valli di cui noi ammiriamo l'odierna posizione.
Forma del loro governo
La forma di Governo delle Tribù Liguri era la Repubblica.
Dice il celebre Montesquieu: L'Italia era ad un dipresso come la
Grecia piena di piccole repubbliche le quali poi vennero assorbite
tutte da una più grande e potente quale fu la Romana. Ed
il Dotto De Dauli asserisce che questa Tribù si reggevano
a forma di popoli Liberi; e che la loro vita era eminentemente repubblicana
consulare.
Loro religione
La loro religione era semplice e naturale; avevano pochi templi,
i luoghi sacri per fare preghiere e feste da loro erano preferiti
i boschi detti sacri, là sotto annose e fitte piante per
ottenere favori dal Cielo offrivano sacrifici uccidendo a tale scopo
volatili e quadrupedi. I nostri progenitori, tenevano in grande
fama il Bosco sacro dell'antico Marengo. La divinità Gesus
(ancora nei nostri paesi oggidì pronunciata nel momento di
grande terrore) presiedeva allo spavento e l'invocavano per averne
coraggio ( ). Mar fu il loro primo duce e fu il primo in Italia
che pose il freno in bocca ai cavalli; questi lo tenevano come protettore
delle vittorie( ).
Vengono assoggettati dai Romani
La tribù degli Stazielli avevano già percorso il
grado ascendentale della parabola - e come avviene quaggiù
di tutti i popoli e nazioni, pure accade a loro, cioè una
Repubblica più virtuosa, saggia e potente, dopo secolare
guerra, dovette attrarla a sé per aggregarla alla Romana
nazione che di poi divenne mondiale. I Romani in queste strenue
lotte conobbero che i popoli Liguri erano valorosi, e perciò
decisero di ridurli in loro potere. Ma una tale conquista andava
fatta con più umanità. Infatti le pagine del grande
storico di Roma Tito Livio ( ) commovono altamente, quando egli
si fa a deferire la distruzione degli Stazielli e non si può
a meno che ricordare come atto di eccessivo vigore il trattamento
di M. Pupilio Lenate (anno di Roma 581-82). Finché la guerra
fu lontana, gli Stazielli, mantennero una stretta neutralità
e buoni rapporti coi Romani ma quando videro le stragi dei loro
fratelli allora si unirono fra di loro e fieri si schieravano fuori
dalle mure di Caristo attendendo impavidi l'assalto, disposti a
battersi sino all'ultimo spirito per salvare i loro focolari.
Ultimo crollo a loro toccato
Ultimo crollo a loro toccato M. Pupilio Lenate la voleva far finita
e gli attaccò con grande slancio ed accortosi che essi
avevano scarsa cavalleria dopo lungo combattere con incerto esito
da ambe le parti, ordinò che si facesse dai suoi cavalli
una carica sul loro fianco la quale essendo brillantemente riuscita,
penetrò nelle loro schiere e sgominarono. Furono allora
dispersi ed il fiero console romano trionfò con la sconfitta
di diecimila. Crudelmente vendette loro possessioni e bestiame
e fece distruggere dalle fondamenta l'antica loro fortezza chiamata
Caristo ( ). Tanta severità non era ordinata da Roma su
quel popolo, tenuto tanto in pregio per il loro eroismo sorretto
e spronato dall'amor santo della loro patria. Si richiamò
Pupilio Lenate, e quel Senato che riempié di sua saviezza
l'universo intero, fece sentire la dolcezza e l'umanità
verso i vinti. Restituì loro la libertà ed il prezzo
delle vendute sostanze. In tal modo propagavasi la Romana potenza
seguendo la legge del cuore e della giustizia e quel popolo vincitore
onde consolidare maggiormente il suo vasto regno pensò
poi di accordare vera fratellanza ai vinti e di ammetterli agli
onori della suprema Repubblica. Così passavano i nostri
progenitori sotto l'Aquila Romana circa l'anno 170 avanti l'era
cristiana (8bis).