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L'alfabeto
L'alfabeto piemontese si compone di 7 vocali (a, e, ë,
i, o, ò, u), una semivocale (j) e 17 consonanti
(b, c, d, f, g, h, l, m, n, n-, p, q, r, s, t, v, z). In
realtà il numero dei suoni vocali sale a 9 laddove si tenga
presente la duplice pronuncia aper-ta/chiusa della e ed il dittongo
eu.
I dialetti dell'alessandrino conservano del piemontese i tratti
e le caratteristiche fondamentali, presentando nel contempo significative
differenze fonetiche. Esse consistono essenzialmente in influssi
liguri e lombardi, dovuti alla contiguità geografica e
ai retaggi del lontano passato.
Conseguenza diretta di questo aspetto è una estensione
forzata dell'alfabeto, che si arricchisce così delle grafie
necessarie a coprire l'intera gamma delle pro-nunce che si riscontrano
in questi dialetti.
L'alfabeto basaluzzese è quello di seguito riportato.
Lettera, tipo di pronuncia, esempi
a - come in italiano: sainsa
= senza.
ä - come l'italiana ò di
"mangiò". (1) cä = casa.
b - come in italiano: bästa
= basta.
c dura quando:
- precede h: säch = sacco;
- precede consonante: cräva = capra;
- precede a, ä, o, ó, u: cadaina = catena.
Dolce quando:
- precede e, é, è, ë, i: cëp
= tiepido.
- è doppia in finale di parola: fricc = fritto.
- è separato con trattino da s sorda: s-cióp
= schioppo.
d - come in italiano: dricia
= destra.
e aperta quando:
- è in sillaba chiusa: erpi = erpice;
- ha accento grave in sillaba aperta: tèra = terra.
Chiusa quando:
- è in sillaba aperta: vedri = vetro;
- ha accento acuto in sillaba chiusa: sércc = cerchio;
- ha accento acuto su parole tronche: misté = mestiere.
ë - come la parola inglese "sir",
ma più breve. (2) tëcc = tetto.
(eu) - come in francese. Non è
una lettera dell'alfabeto ma ha suono vocale proprio: beu
= bue.
f - come in italiano: fristé
= forestiero.
g sorda quando:
- precede h: gheub = gobbo;
- precede consonante: gris = grigio;
- precede a, ä, o, ó, u: gät =
gatto.
Dolce quando:
- precede e, é, è, ë, i: gièra
= ghiaia;
- doppia in finale di parola: mugg = mucchio;
- è separata con trattino da z: z-giäf = schiaffo.
Come in italiano ammette:
- gl-: agliäm = letame;
- gn-: gnaint = niente;
h come in italiano. a j'heu dicc (ho
detto)
i come in italiano. finì (finire)
j si usa quando:
- sostituisce il gruppo italiano gli: mej = meglio;
- c'è un suono come nella parola "yacht": firmëja
= formica;
- c'è una i tra due vocali: maja = mia. (3)
l - come in italiano: libri =
libro.
m come in italiano. mär
= madre, mare.
n come in italiano se è:
- in inizio di parola senza apostrofo: näs = naso;
(4)
- nel corpo di parola, seguita da vocale (pëna = penna)
o da consonante dentale o palatale (andä = andare);
- in finale di parola preceduta da consonante: quadern
= quaderno;
- raddoppiata in finale di parola dopo vocale: ténn
= tenere; (4)
faucale (come finale di gerundio inglese) se:
- è in inizio di parola apostrofata: vä 'ndré
= va indietro;
- è nel corpo di parola seguita da consonante gutturale
o sibilata: mancä = mancare;
- è in finale di parola preceduta da vocale: caon
= cane.
n- n faucale davanti a vocale: bën-oi
= buoni.
o - come la u italianalov = lupo.
ó - o chiusa italiana(5):
dóna = donna.
p - come in italiano: pär
= padre.
q - come in italiano: quädri
= quadro.
r - come in italiano: rëoa
= ruota.
s sorda quando:
- in principio di parola: sarä = chiudere;
- precede o segue consonante: snä = cenare; (6)
- è doppia, dopo vocale, in finale di parola: óss
= osso;
- è doppia tra due vocali: limässa = lumaca;
(7)
- è separata da c dolce con trattino: s-ciapä
= rompere;
Dolce quando:
- si trova tra due vocali: camisa = camicia;
- in finale di parola dopo vocale: väs = vaso.
t come in italiano: téntä
= tentare.
u - in generale come la u francese;
u italiana dopo q. (8): lus = luce quëindiss
= quindici.
v - come in italiano: träv
= trave.
z s dolce in principio di parola, vicino
a consonante o separata con trattino da g dolce. zonn
= giovane; pzä = pesare.
(1) La lettera ä non esiste nell'alfabeto piemontese
ma è una prerogativa dei dia-letti dell'alessandrino, dove
quasi sempre le a toniche si trasformano in o aperte.
(2) Sempre in deroga ai canoni del piemontese, ai dialetti
dell'alessandrino è concesso di utilizzare la ë anche
come carattere jolly per indicare vocali di gene-si anomala. Ecco
spiegato, quindi, il cartello Fërsnèra (da leggere
Farznèra) che si trova all'ingresso di Fresonara.
(3) L'uso della j è comunque di difficile codifica,
nel senso che la distinzione fo-netica tra una i ed una j è
spesso minima. Vi è poi il problema della corrispon-denza
tra piemontese e basaluzzese, visto che il primo utilizza la j
più larga-mente di quanto non sia necessario per il secondo.
(4) Le parole che iniziano per a, se seguono parole che
terminano per vocale, perdono la a iniziale e la sostituiscono
con un apostrofo.
(5) Nell'alfabeto piemontese con ó si indica la
semplice variante tonica della o. L'uso qui spiegato è
un'altra delle peculiarità dei dialetti alessandrini. Si
noti che, nel basaluzzese, decade l'esigenza di mantenere nell'alfabeto
la grafia ò.
(6) Fanno eccezione alcune parole come disdeut, disneuv,
dosaint e tarsaint (diciot-to, diciannove, duecente e trecento,
con grafia mutuata dal piemontese), dove questa s, che andrebbe
letta di regola con pronuncia sorda, è in realtà
dolce.
(7) La pronuncia va comunque impostata come se la s fosse
singola.
(8) Talvolta è possibile incontrare anche dittonghi
ue, ua, au che richiedono, in via eccezionale, la pronuncia italiana
della u. Tra gli esempi si ricorda guèra (guerra),
guardä (guardare) e càusset (calza).
Trattandosi di forme alternative che convivono comunque con quelle
tradizionali, si consiglia di non esportarle nel dialetto di Basaluzzo.
L'uso del trattino
Il trattino è un espediente grafico che serve ad unire
ad una parola un gruppo che, isolato, non avrebbe graficamente
significato. Il gruppo può essere:
- autonomo, come ad esempio le forme a-gh sëon (io
ci sono), o-gh disa (gli di-ce) e così via;
- parte integrante della parola, da cui è separato unicamente
per preservare la coerenza di pronuncia. Soprattutto nei verbi,
si userà il trattino quando l'aggiunta di una desinenza
o di una particella pronominale potrebbe modi-ficare più
o meno sensibilmente la grafia della radice del verbo. Ad esempio
si noti l'evoluzione dä/dägh/dägh-la che
sta per "da/dagli/dagliela". Grammaticalmente parlando,
il trattino non sarebbe stato necessario (le particelle pronominali
si fondono con la voce verbale), ma la forma dägla si sarebbe
troppo distinta dalla radice dägh.
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